Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra



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"E' il link del bellissimo sito dedicato alla storia della vecchia Rivarossi.
Già da tempo in contatto con loro, abbiamo insieme deciso di creare una sezione del forum dedicata al loro sito.
Naturalmente per prima cosa, per chi non l'avesse ancora fatto, vi consiglio di andare a visitare il sito http://www.rivarossi-memory.it e di studiarlo per bene visto che contiene buona parte della storia del fermodellismo Italiano per poi venire qui e parlarne con noi e con loro!
Vi aspettiamo numerosi!!!
Lo staff di ferramatori.it e di rivarossi-memory.it"

Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Rosgio47 » 5 mag 2018, 16:07

Scusa Oliviero ....se interrompo la tua fantastica descrizione ....
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 5 mag 2018, 20:06

CHIEDO SCUSA all'amico Rosgio perchè inavvertitamente ho cancellato il suo intevento (x) del quale è rimasta solo questa frase
Rosgio47 ha scritto:Scusa Oliviero ....se interrompo la tua fantastica descrizione ....
Rosgio47
Sempre grazie per l'attenzione (e i complimenti immeritati) e spero tanto sia davvero fantastica e non....fantasiosa :oops:

-------------------------------------------------------------------------------INTERVALLO-----------------------------------------------------------------------------------
SHHHH!!!!...................Rivarossi sta pensando! :lol:
:mrgreen:
Mentre le "tedesche" montavano all'arrembaggio del barcone americano, Rivarossi effettivamente era impegnatissimo...a pensare ....e costruire!
Ma questo lo vedremo tra un pochino. 8-)
Prima vorrei cercare di inquadrare meglio l'ingresso tedesco in USA.
Le ditte sono tra di loro concorrenti! o forse NO? Notiamo che si presentano quasi "insieme a braccetto". Ad esempio hanno lo stesso importatore (Charles C. Merzbach Co, di New York. Non si "pestano i piedi" a vicenda, perchè reclamizzano prodotti tecnicamente (direi VOLUTAMENTE) diversi.
Märklin è tradizionalmente e indissolubilmente legato al sistema a tre rotaie in C.A. e L'amico Max ci ha spiegato che fa solo finta di proporre un sistema a due rotaie. Fleischmann ha compreso da un pezzo che non gli conviene seguire la strada del tre rotaie sia perchè ha l'ingombrante presenza di Märklin a "due passi da casa" ma forse ha soprattutto capito che il resto del mondo stà andando in altra direzione. Tra le altre cose, le due case teutoniche hanno scelto due sistemi di agganciamento del tutto incompatibili tra loro. Quindi si può ipotizzare che non vi fosse una concorrenza diretta e per questo Polk li mette sullo stesso piano, lodando Rivarossi che con le sue locomotive può accontentare i modellisti locali, interessati all'uno o all'altro sistema.

TAVOLA 63.Fleischmann 1367.jpg
Una lomotiva americana Fleischmann (comunque posteriore al 1953): la meccanica è la stessa di Marklin: cascata di ingranaggi che collegano tutti gli assi e biellismi inefficaci. La qualità dello stampo e delle finiture non sembra all'altezza dei similari modelli Made in USA, di pregio (anche la L SP/R di Rivarossi mi sembra migliore(!)

Comunque il discorso di Polk non mi pare realistico: Fleischmann aveva iniziato a produrre materiale rotabile americano mentre Märklin aveva avuto in catalogo solo un treno di fantasia vagamente americano DL800 del 1949 (?) ed in scala 00 e al momento (nel 1953) non mi risulta che avesse già pronto materiale USA. Le sue splendide FM mi pare che usciranno solo nel 1960 (QUI HO BISOGNO DELL'AIUTO e della consulenza di MAX!!!! :oops: ) Comunque mostra solo materiale tedesco.
Tornando a Rivarossi, era da oltre un anno che si stava preparando: come era avvenuto nel 1951, anche nel 1953 non viene pubblicato un nuovo catalogo poichè si sta preparando l'innovativa produzione del 1954: innanzitutto il nuovo motore SFN 1079 da noi definito affettuosamente "a pallini". Motore, per l'epoca, del tutto innovativo e dalle altissime prestazioni. Poi il rinnovamento di tutto il sistema di binari, deviatoi, incroci e sganciamenti a due rotaie; due nuovissime locomotive, dotate del nuovo motore e inserite in convogli con nuove carrozze e carri merce. Quindi un rinnovamento totale per l'Italia....e per l'America?........... :lol:
CONTINUA
Saluti da Oliviero
DOCUMENTAZIONE:
TAVOLA 63bis-Locomotiva Varney (prova).jpg
Locomotiva Varney "Casey Jones" del 1950 (confronta con la Fleischmann)
TAVOLA 63ter- Pubblicità 1950-.jpg
Pubblicità Varney (novembre 1950)
Oliviero Lidonnici

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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Tricx » 6 mag 2018, 1:13

Nella precedente "puntata" del 3.5.2018 ore 23,48 Oliviero scrive:
Oliviero Lidonnici ha scritto: Il Kit della FM viene offerta a 12.50$, la Hiawata (montata) costa 19.95$ e il kit della (brutta) Dockside è ormai salito a 9,95 (14,95 montata)
Non mi pare che sia segnato il prezzo della L SP/R .......


Veramente [lupe.gif] io vedo il prezzo di USD. 23,95.... e il Minobus 16,50 ! [lupe.gif]

Comunque complimenti per la Tua "trattazione" applause1
Dire interessante è poco !
Saluti. Riccardo.
Tricx

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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Max 851 » 6 mag 2018, 9:05

Eccomi qui.
Allora, i primi modelli Maerklin del dopoguerra ispirati a prototipi "vagamente" americani furono l'ST 800 nel 1948 e il DL 800 nel 1949. Il primo rappresentava un "treno rapido automotore" formato da motrice, elemento intermedio e carrozza di coda, con i carrelli in comune tra due carrozze contigue un po' come gli attuali treni "Italo", eventualmente prolungabile con altri elementi intermedi. Il secondo era, come lascia intuire la sigla, un "locomotore doppio" formato in pratica da due motrici dell'ST 800 accoppiate dal lato senza cabina di guida, con il carrello intermedio in comune. Da notare che entrambi i modelli venivano venduti corredati da pantografi da installare a cura del modellista che eventualmente avesse preferito farli funzionare sotto la catenaria. Ovviamente si trattava di modelli di fantasia, anche se qualcosa di simile sembra che esistesse realmente. In ogni caso sembra che fossero modelli destinati, più che all'esportazione diretta, ai numerosi soldati americani ancora presenti all'epoca in Germania, con le tasche piene di dollari e desiderosi di riportarsi a casa qualche souvenir o di inviare un regalo ai loro figli.
I modelli, ben più realistici, dei famosi locomotori diesel EMD F7 "Santa Fe" e "New Haven" apparvero in catalogo nel 1961.
Massimiliano
Max 851

 
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 7 mag 2018, 16:55

Max 851 ha scritto:Eccomi qui.
Allora, i primi modelli Maerklin del dopoguerra ispirati a prototipi "vagamente" americani furono l'ST 800 nel 1948 e il DL 800 nel 1949. Il primo rappresentava un "treno rapido automotore" formato da motrice, elemento intermedio e carrozza di coda, con i carrelli in comune ......omissis.
Massimiliano

Ringraziamo Max e in base alle sue indicazioni vediamo come era fatto il DL 800
CATALOGO DL800.jpg
Modello ben fatto ma probabilmente di scarso interesse per il modellista americano-tipo

Riguardo ancora alle "tedesche" completo il discorso con la testimonianza di un amico modellista e collezionista che per ora preferisce non intervenire di persona. Condivido i l suo pensiero ma preferisco usare le sue parole:
"A quella data (1953) non esiste nessun prodotto Marklin che parli anche vagamente americano , neanche carrozze e/o vagoni. Il sistema Fleischmann parla già americano nel ‘52: sistema di rotaie, trasformatori e accessori. Il riferimento è il sistema NMRA : 12Volts CC, scartamento, ruote e flange. Solo che i modelli Fleischmann del '53, sono un camuffamento di mezzi tedeschi. La Pacific americanizzata, di cui alla pubblicità, è una 03, e le carrozze sono un volenteroso aggiustamento delle carrozze per rapidi tedesche. In seguito Fleischmann farà proposte di modelli veramente americani comunque successivi alle belle LSP e FBM di Rivarossi.......omissis
G.P.
."
Quindi l'intervento in forze delle "truppe teutoniche" sembra (almeno) per ora, solo fumo negli occhi ma sarà il pungolo che obbligherà Rivarossi ad accelerare i tempi per la nuova produzione. horse
Ma vediamo cosa ha imparato RR dopo i timidi tentativi 1948/1951:
TAVOLA 70.RR.A FM R unità motrice  Western Pacific(di Rosgio) 7.jpg
Nel modello FM Rivarossi (mostrato tempo fa dall'amico Rosgio47) notiamo la semplicità e l'estrema razionalità costruttiva, raggiunta da RR dopo i goffi tentativi della Dockside e della (già più razionale) Hiawatha. Suppongo che nel modello ritratto manchi la zavorra e (forse?) il cassonetto sotto-scocca? (ma non cambierebbe comunque quanto detto!)

FM 1 (di Giorgio).jpg
Nella foto mostrata da Giorgio si vede il cassonetto sotto scocca che evidentemente agisce anche come zavorra (e abbassa di molto il baricentro migliorando la stabilità della locomotiva!)

Confrontiamo con un modello locale, similare, di alto livello ed esperienza.
TAVOLA 69 Diesel Varney.jpg
La diesel della Varney.
Nota: ho composto nella stessa tavola molte immagini per poter valutare tutti i parametri (tecnico-costruttivi-formali ed... economici

Il modello Varney (con telaio in pressofusione e due carrelli motorizzati) è supersofisticato ma anche complesso, costoso e suppongo abbastanza complicato da montare. Ritengo che il problema principale di questa macchina sia legato alla struttura allungata del motore col grosso magnete posto all'estremità dell'asse. Questa struttura allungata e sottile è comodissima se il motore viene alloggiato nella caldaia di una locomotiva ma diventa complicata da gestire col motore posto sopra un carrello che deve ruotare attorno al proprio asse.
Rivarossi ha già ideato un motore molto compatto e versatile che si può impiegare (con poche modifiche) sia disponendo l'asse di rotazione trasversale alla locomotiva (Le 626/R, AN1 e L B&O/R)- sia trasversale (Hiawatha e L SP/R) che verticale (FM/R). Questo motore è già molto buono ma dovrà essere migliorato ulteriormente! :mrgreen:
Nota: ho aggiunto la foto di Giorgio, a questo post, in un secondo tempo. [lupe.gif]
Saluti da Oliviero
CONTINUA
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 8 mag 2018, 0:28

TAVOLA 78 AVVISO.jpg
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Karolus » 18 mag 2018, 21:24

Scusa Oliviero, mi lascia un po' perplesso la struttura del giunto tra i due carrelli della locomotiva Diesel di Varney. Appare molto flessibile (e tte credo, direbbero lì a Roma, la parte centrale è interamente in plastica!), ma non mi sembra che possa allungarsi per compensare la rotazione dei due carrelli in una curva di raggio anche non molto stretto. Purtroppo la figura sovrastante è parzialmente "sgranata" e quindi non chiara. Cosa sappiamo di più a riguardo?
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 18 mag 2018, 21:53

Karolus ha scritto:Scusa Oliviero, mi lascia un po' perplesso la struttura del giunto ....... Cosa sappiamo di più a riguardo?

Niente di più di quello che si vede nei disegni. Ovviamente non ho mai avuto in mano quella locomotiva e quella è l'unica foto che ho trovato. Possiamo però ragionarci sopra: il particolare (nitido) in alto a sinistra, mostra l'attacco del giunto cardanico (non soffermiamoci sull'elasticità del tubetto di nailon che è secondaria). Tutti i giunti cardanici di quel tipo (tubicino con tacche in cui scorre un perno con testa a T) sono fatti per "allungarsi" in curva. Pensa ad una normale locomotiva Rivarossi col motore nel tender. Ovviamente in curva tender e loco si allontanano e la testa a T scorre nelle tacche della "tazza". Quindi dovrebbe funzionare anche senza il tubicino di nailon. (Non sono sicuro di essere riuscito a spiegarmi)
Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Karolus » 18 mag 2018, 22:10

Ti sei spiegato benissimo. Ora mi è tutto chiaro. Grazie.

Karolus
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 19 mag 2018, 20:49

Riprendiamo da dove avevamo lasciato:
ritesto.jpg

**************(NON sarò breve)***************
Lo studio della storia, è cosa nota, è basato sulle date: la nascita o la morte di un personaggio importante, la data di una battaglia, una scoperta scientifica, la creazione di un’opera d’arte, di un manoscritto o di una composizione musicale, ecc. Ma non sempre le date si conoscono con certezza: a volte non vengono tramandate per assenza di documentazione, per incuria, a volte invece sono volutamente dimenticate (damnatio memorie) a volte sono di comodo per gli interessi di qualcuno che ha preferito nascondere la realtà dei fatti, ecc. Come esempio personale mi ricordo sempre di mia suocera che mi raccontava di essere nata in un paesino di montagna in pieno inverno e in un’epoca in cui già era una fortuna trovare anche solo una levatrice. Spesso le partorienti venivano aiutate da qualche parente o peggio dovevano fare da sole. Per farla breve essendo il paese isolato dalla neve, suo padre riuscì a comunicare la nascita della figlia solo circa due mesi dopo che era nata, col risultato che mia suocera risultò, per sempre, sui documenti più giovane di due mesi (peggio ancora: di un anno, essendo nata in dicembre e dichiarata nei primi mesi dell’anno successivo).
Scusate l’O.T. ma lo scopo di questa lunga e tediosa filippica, è ricordare che le date a cui facciamo riferimento, per ricostruire la storia dei nostri amati modellini ferroviari, molto spesso, capita che siano simili a quella della carta d’identità della compianta mia suocera della quale, per rispetto, desidero ricordare il nome: Adele.

Riprendendo il discorso su Rivarossi: avrete notato e (spero) riletto nel post precedente (che qui su ho ripetuto :-| ), come puntualizza la libertà di modificare le caratteristiche dei suoi modelli senza dichiararlo. Niente di cui meravigliarsi: è una scritta che si trova quasi sempre su tutti i prodotti tecnologici, in vendita. Ma nel caso di Rivarossi, il problema si dimostra assai più “pesante” dato che abbiamo più volte notato che spesso apportava sostanziali modifiche ai suoi prodotti anche con intervalli di pochi mesi e naturalmente… senza specificarlo sui cataloghi!
Se qualcuno si chiede la ragione di questo comportamento, la risposta è semplice: si cerca di migliorare continuamente la qualità del proprio prodotto ma nel contempo si cercano metodologie per ridurre i costi di produzione. Se ti vendo un prodotto migliore del precedente e lo dico, tutti cercheranno di acquistare il nuovo ed il vecchio, ancora in magazzino, resterà invenduto. Se invece cerco di risparmiare, eliminando particolari oppure usando materiali più economici e lo dico, squalifico la mia ditta, perché gli acquirenti, delusi, deducono che i livelli qualitativi della mia produzione sono declassati e si rivolgono alla concorrenza. Quindi sia nel caso di migliorie che di economie, il produttore se può, evita di parlarne apertamente e se qualcuno lo scopre c’è comunque la dichiarazione suddetta che lo difende.
Tenendo debitamente conto di quanto detto, cercheremo ora di immaginare l’epoca reale di produzione di alcuni prodotti Rivarossi nel triennio 1953-1955.
Il primo indagato è il famoso motore “a pallini” (per l’anagrafe: SFN 1079), punta di diamante del rinnovamento tecnologico di RR nel 1954 e vero asso nella manica del successo americano. Importante è il rimarcare che questo motore è concettualmente diverso, ad esempio, dai motori di Marklin e di Fleischmann: questi ultimi non sono quasi mai dei meccanismi indipendenti ma sono integrati nei telai delle locomotive o nei carrelli delle motrici (elettriche o diesel) e quindi sono diversi tra un modello e l’altro. L’SFN 1079 è invece un meccanismo indipendente, completo, direi “universale” ovvero uguale per tutte le motrici, il cui progetto deve essere necessariamente adeguato alla forma ed agli ingombri di quel motore
Quindi partendo da questo assioma i progettisti di RR dovranno averlo studiato con grande attenzione questo nuovissimo motore, visto che avrebbe dovuto movimentare le locomotive di qualsiasi forma o dimensione avessero deciso di realizzare, almeno nei successivi dieci anni. Nota: in realtà non ci hanno pensato benissimo perché le dimensioni del motore, non abbastanza contenute, saranno state probabilmente la causa principale del perdurare della atipica scala 1:80 dei modelli Rivarossi, mantenuta poi per tradizione anche dopo la sostituzione con un diverso motore.
Le diverse sigle con le quali viene definito il motore sia sul catalogo dell’anno in corso che in quelli degli anni successivi, confondono molto le idee: il motore è fondamentalmente sempre lo stesso ma la sigla cambia a seconda del diverso pignone montato, se cambia l’attacco delle viti, per la presenza di una calotta più stretta, ecc. Ma le componenti principali e le caratteristiche basilari del motore non cambiano.
CONTINUA
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