Riprendiamo da dove avevamo lasciato:
**************(NON sarò breve)***************
Lo studio della storia, è cosa nota, è basato sulle date: la nascita o la morte di un personaggio importante, la data di una battaglia, una scoperta scientifica, la creazione di un’opera d’arte, di un manoscritto o di una composizione musicale, ecc. Ma non sempre le date si conoscono con certezza: a volte non vengono tramandate per assenza di documentazione, per incuria, a volte invece sono volutamente dimenticate (damnatio memorie) a volte sono di comodo per gli interessi di qualcuno che ha preferito nascondere la realtà dei fatti, ecc. Come esempio personale mi ricordo sempre di mia suocera che mi raccontava di essere nata in un paesino di montagna in pieno inverno e in un’epoca in cui già era una fortuna trovare anche solo una levatrice. Spesso le partorienti venivano aiutate da qualche parente o peggio dovevano fare da sole. Per farla breve essendo il paese isolato dalla neve, suo padre riuscì a comunicare la nascita della figlia solo circa due mesi dopo che era nata, col risultato che mia suocera risultò, per sempre, sui documenti più giovane di due mesi (peggio ancora: di un anno, essendo nata in dicembre e dichiarata nei primi mesi dell’anno successivo).
Scusate l’O.T. ma lo scopo di questa lunga e tediosa filippica, è ricordare che le date a cui facciamo riferimento, per ricostruire la storia dei nostri amati modellini ferroviari, molto spesso, capita che siano simili a quella della carta d’identità della compianta mia suocera della quale, per rispetto, desidero ricordare il nome: Adele.
Riprendendo il discorso su Rivarossi: avrete notato e (spero) riletto nel post precedente (che qui su ho ripetuto
), come puntualizza la libertà di modificare le caratteristiche dei suoi modelli senza dichiararlo. Niente di cui meravigliarsi: è una scritta che si trova quasi sempre su tutti i prodotti tecnologici, in vendita. Ma nel caso di Rivarossi, il problema si dimostra assai più “pesante” dato che abbiamo più volte notato che spesso apportava sostanziali modifiche ai suoi prodotti anche con intervalli di pochi mesi e naturalmente… senza specificarlo sui cataloghi!
Se qualcuno si chiede la ragione di questo comportamento, la risposta è semplice: si cerca di migliorare continuamente la qualità del proprio prodotto ma nel contempo si cercano metodologie per ridurre i costi di produzione. Se ti vendo un prodotto migliore del precedente e lo dico, tutti cercheranno di acquistare il nuovo ed il vecchio, ancora in magazzino, resterà invenduto. Se invece cerco di risparmiare, eliminando particolari oppure usando materiali più economici e lo dico, squalifico la mia ditta, perché gli acquirenti, delusi, deducono che i livelli qualitativi della mia produzione sono declassati e si rivolgono alla concorrenza. Quindi sia nel caso di migliorie che di economie, il produttore se può, evita di parlarne apertamente e se qualcuno lo scopre c’è comunque la dichiarazione suddetta che lo difende.
Tenendo debitamente conto di quanto detto, cercheremo ora di immaginare l’epoca reale di produzione di alcuni prodotti Rivarossi nel triennio 1953-1955.
Il primo indagato è il famoso motore “a pallini” (per l’anagrafe: SFN 1079), punta di diamante del rinnovamento tecnologico di RR nel 1954 e vero asso nella manica del successo americano. Importante è il rimarcare che questo motore è concettualmente diverso, ad esempio, dai motori di Marklin e di Fleischmann: questi ultimi non sono quasi mai dei meccanismi indipendenti ma sono integrati nei telai delle locomotive o nei carrelli delle motrici (elettriche o diesel) e quindi sono diversi tra un modello e l’altro. L’SFN 1079 è invece un meccanismo indipendente, completo, direi “universale” ovvero uguale per tutte le motrici, il cui progetto deve essere necessariamente adeguato alla forma ed agli ingombri di quel motore
Quindi partendo da questo assioma i progettisti di RR dovranno averlo studiato con grande attenzione questo nuovissimo motore, visto che avrebbe dovuto movimentare le locomotive di qualsiasi forma o dimensione avessero deciso di realizzare, almeno nei successivi dieci anni. Nota: in realtà non ci hanno pensato benissimo perché le dimensioni del motore, non abbastanza contenute, saranno state probabilmente la causa principale del perdurare della atipica scala 1:80 dei modelli Rivarossi, mantenuta poi per tradizione anche dopo la sostituzione con un diverso motore.
Le diverse sigle con le quali viene definito il motore sia sul catalogo dell’anno in corso che in quelli degli anni successivi, confondono molto le idee: il motore è fondamentalmente sempre lo stesso ma la sigla cambia a seconda del diverso pignone montato, se cambia l’attacco delle viti, per la presenza di una calotta più stretta, ecc. Ma le componenti principali e le caratteristiche basilari del motore non cambiano.
CONTINUA