Oliviero Lidonnici ha scritto:Già agli inizi del 1950 troviamo Märklin citato in articoli sulla rivista Model Railroad.
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Già dopo un paio di mesi inizia la pubblicità vera e propria (di Märklin ).
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Siamo arrivati al 1953 e Märklin si è adeguato al sistema a 2 rotaie (ma quanto è ambito questo mercato americano!)
Anche Fleischmann ...è della partita
E Rivarossi che fa?
Perdonate se mi auto-cito
ma mi occorre per non perdere il filo del discorso
Già nel 1950 Rivarossi deve aver compreso che il mercato americano si poteva penetrare solo con un prodotto di alto livello, possibilmente economico e supportato dall'offerta di un sistema completo, compatibile con gli standard di quel paese. Tutte queste cose al momento non erano alla sua portata. Inoltre doveva abbandonare definitivamente la tradizione e la tecnologia europea ed anzi creare un prodotto persino innovativo nei confronti di quello oltre-oceano per essere competitivo in quel mercato "pretenzioso".
Aveva già fatto un primo tentativo con la Hiawatha ma con scarso successo.
In un certo senso doveva ricominciare tutto da capo e rinnovare completamente la sua attuale produzione.
- Quindi suppongo che il 1951 sia stato un anno di ripensamenti e grandi (ma prudenti) progetti. Infatti non pubblica un nuovo catalogo, visto che i nuovi modelli non sono definiti e non ha ancora elaborato le nuove tecnologie necessarie a realizzarli. Quindi lascia stare momentaneamente il mercato americano ed inizia a migliorare la qualità del materiale che ha, iniziando dai motori in C/C a 12 volt: vengono montati magneti permanenti più grandi, probabilmente ritocca l'avvolgimento degli indotti e monta cuscinetti a sfere al posto delle boccole. In questo modo ottiene motori più potenti, scorrevoli e versatili che assorbono meno e pur progettati per i 12 volt potrebbero girare dignitosamente anche ai 6 volt degli impianti americani più vecchi.
- C'è da notare che questi motori non vengono montati sulla Dockside e neppure sull' Le 626. Mi permetto di ipotizzare che avesse capito che la prima non rispecchiasse gli standard modellistici USA e andava rifatta ed il secondo fosse addirittura invendibile in quel mercato. Intanto comincia ad elaborare due nuovi modelli di locomotive americane, necessariamente adeguate a quegli standard. A questo punto gli mancano i carri e le carrozze da far trainare alle suddette ma probabilmente non ha abbastanza energie (e finanziamenti) per questo ulteriore, gravoso impegno. Deve comunque iniziare a vendere queste locomotive almeno in Italia e in mancanza di meglio si accontenta di modificare i modelli già in catalogo per ottenere degli ibridi, accettabili dal poco esperto modellista nostrano e accoppiabili indifferentemente alle locomotive italiane ed americane.
- C'è poi da considerare un altro fattore (ma questa è solo una mia ipotesi!) che deve aver fermato momentaneamente Rivarossi. Probabilmente i nuovi materiali (nailon e polistirene) si stavano sviluppando ma forse non erano ancora alla portata di RR (o per problemi produttivi oppure economici: non cambia il problema). In questa ottica iniziare una nuova produzione di modelli basati sulla vecchia bachelite poteva essere uno spreco di risorse....forse meglio aspettare un poco?
Quando esce il catalogo del 1952 ribadisce il suo pensiero:
deve essere H0 e rispettare le norme N.M.R.A.
- Sintesi della lunga presentazione che apre il catalogo del 1952
- Ecco i due gioielli innovativi su cui basa la "riscossa americana"......ma ci vuole ancora un po' di tempo.
Nota: non ho mai compreso perchè la FM sia stata presentata (graficamenta) così male....forse non era ancora pronta?
e per carrozze e carri?.....si "arrampica sugli specchi"
- Sulle carrozze c'è poco da dire e del resto il catalogo lo dichiara apertamente: sono i modelli italiani senza respingenti e cassa delle batterie
E per i merci?
Qui il discorso è più complesso. Evidentemente Rivarossi aveva già cominciato a progettare carri americani e aveva iniziato con gli elementi più difficili: i carrelli. Come se non bastasse (e come abbiamo detto) il suo prodotto non solo doveva essere pari al corrispondente americano ma più innovativo.
Da quanto mi risulta o almeno dai modelli in mio possesso... o che comunque ho potuto vedere dal vero, (molti) carrelli americani di quell'epoca erano realizzati in fusione di lega di zinco e abbelliti con mollette di acciaio (ma non funzionanti) Rivarossi riesce a realizzare un carrello (modello Archbar) realizzato in tre parti mobili, con micromolle in acciaio effettivamente funzionanti e ne ottiene il brevetto.
- Il carrello Archbar Rivarossi, in lega di zinco e con micromolle funzionanti. Verrà in seguito commercializzato in America tra le parti di ricambio/accessori (il modellista americano era uso a comprare parti staccate per realizzare modelli auto-costruiti)
Ma attualmente non può (o forse ancora non vuole?) realizzare "veri" modelli di carri americani e quindi si accontenta di applicare i soli carrelli a carri italiani già in produzione. Però aggiuge al catalogo anche due splendidi carri cisterna (comunque dotati di respingenti)
- Tutti i carri "americanizzati" mediante l'aggiunta dei carrelli Archbar, del catalogo RR del 1952
Nella foto successiva si confronta un vecchio carro a due assi con il nuovo che utilizza stessa cassa e stesso telaio ma con i nuovi carrelli.
- Sopra il carro originale, sotto quello modificato con i nuovi carrelli.
Così in catalogo si possono presentare dei treni che sembrano americani.
- I convogli "taroccati" potevano essere accettati dal modellista italiano "di bocca buona" ma non credo che Rivarossi abbia tentato di venderli in America.
Però venderà con successo le locomotive.
Saluti da Oliviero
CONTINUA