Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)



Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 30 apr 2019, 23:45

Come avevo accennato in precedenza la Carrera Russkit stravolgerà il panorama slot della seconda metà del 1966 e a dare impulso a questo cambiamento sarà il solito settimanale (di automobilismo sportivo) Autosprint con questo articolo del 16 giugno del 1966:
091# Russkit Carrera su Autosprint.jpg
L'articolo esalta le doti del modellino e molti (compreso il sottoscritto...) si affretteranno a comprarselo.

Ecco la mia Carrera 6 della Russkit
092#RUSSK 01 Carrera6.jpg
Carrera "Sidewinder" della Russkit (giugno del 1966) inizialmente costava 10.800£ dopo alcuni mesi il prezzo salì a 12.000£

093# RUSSK 02 Carrera6 tel.jpg
Il telaio in lamierino di alluminio, nervato e verniciato a fuoco: leggerissimo ma abbastanza rigido: braccetto porta pick-up e motore erano bloccati con una sola vite autofilettante ma c'era margine di regolazioni per poter adattare il telaio a carrozzerie di diversa lunghezza ed era possibile variare il rapporto pignone-corona

Basato sullo stesso telaio vennero posti in commercio altri modelli e comunque questo telaio si adattava facilmente a carrozzerie in acetato della maggior parte delle ditte in voga all'epoca:
094# RUSSK 04 Lotus.jpg
Lotus 40 su telaio Carrera Sidewinder Russkit

095# RUSSK 06.jpg
Se il motorino prevedeva un senso di rotazione diverso era possibile montarlo al contrario, spostando gli ingranaggi sul lato opposto

096# RUSSk 07lotus.jpg
il telaio Russkit visto dal basso


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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 5 mag 2019, 18:41

La suddetta Carrera Sidewinder della Russkit era mossa da un motorino di derivazione Mabuchi. Questi motorini giapponesi (nelle varie versioni: X88 (poco usato), D16 (definito anche "110") e D36 (detto anche "220") li vediamo impiegati nella maggior parte dei modellini slot circolanti nei "center" italiani ma ricordo che la nostra ricostruzione storica, per ora, si è fermata alla fine di maggio del 1966 e quindi sono passati circa solo sei mesi dall'apertura del primissimo center romano di Piazza Pio XI...... cosa era avvenuto prima?
Sembra che lo slot-car sia stato inventato dalla ditta americana Lionel nella prima metà del '900 ma la sua diffusione sarebbe iniziata solo nel secondo dopoguerra in Inghilterra con la ditta Scalextric (1957). Che motori montavano le piccole slot Scalextric?
099# Scalextric Lotus F1 .jpg
Lotus F1 Scalextic (scala 1:32 circa). Il motorino è dotato di un singolo magnete permanente, in contatto con due espansioni polari in materiale ferroso che affiancano l'indotto. I carboncini, in contatto col collettore tripolare, sono retti da lamelle di rame spinte da una molletta

La configurazione di questo motore non è nuova, infatti motori molto simili a questo, venivano, da tempo, impiegati nel modellismo ferroviario americano forse da prima della II G.M. - Comunque questa immagine è tratta dal catalogo Varney del 1951
098# Catalogo Varney 1951- (mezza pag ).jpg
Il motorino della locomotiva (credo di marca Pittman) ha la medesima configurazione del "futuro" motore delle slot Scalextric

Quel tipo di motore era comune anche ad altre ditte di modellismo ferroviario:
101# Mantua (1952) Motore atlanticpacific.jpg
Schema del motore "Atlanticpacific" impiegato sui modellini delle locomotive Mantua nel 1952

100# Varney docksideswitcher 1950.jpg
Evoluzione del motore usato da Varney: lo schema originale di montaggio è datato 1950 il nuovo motorino (di produzione giapponese) è proposto nel 1962

Molte delle slot 1:24 utilizzavano motori con questa configurazione:
102# Lotus 25 -Russkit (1963).jpg
Prima di proporre nel 1966 l'innovativa Carrera Sidewinder, Russkit impiegava motori del suddetto tipo

Forse potremmo supporre che lo Slot-Car sia derivato dal modellismo ferroviario: molte ditte di "trenini" affiancarono alla produzione ferroviaria quella delle micropiste slot:
103# Atlas 1a24 (1964) Cooper Formula 1-(e).jpg
Cooper F1. (1964). Modello in scala 1:24 della ditta Atlas.
L'Atlas era una ditta americana che produceva binari ed accessori per il modellismo ferroviario

104# KEMTRON CHASSIS - TRADESHIP MOTOR.jpg
Altro esempio: Telaio Kemtron

Ma non tutte le ditte impiegavano questa tipologia di motore:
105# K&B  1a24  FERRARI 250 GTO SLOT0.jpg
Ferrari 250 GTO (1:24) della Aurora/K&B: questo motore, esclusivo della K&B, aveva due magneti contrapposti ma la trasmissione (sidewinder) era integrata col motore che quindi non si poteva praticamente elabore

....e poi arriveranno i Mabuchi.... :mrgreen:
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 7 mag 2019, 1:03

Tra i motori a corrente continua prodotti negli anni Cinquanta ed utilizzati nel modellismo ferroviario e poi nello slot-car, probabilmente i Pittman erano i migliori e ....probabilmente i più copiati
106# Motore Pittman DC81.12Volt.jpg
Motore Pittman DC81, per 12 Volt C/C.
utilizzato nel modellismo ferroviario ma anche per i modellini slot

107# Pittman-DC196B-Slot-Car-Motor.jpg
Motore Pittman 196B predisposto per lo slot 1/24 ed 1/32
Il motore era già corredato con gli attacchi delle boccole per l'asse delle auto-slot

Una delle ditte che impiegava motori simili era l'americana Strombecker
108# Stombecker.jpg
Modellini della Strombecker

109# Strombecker-Ford-Galaxie.jpg
Ford Galaxie della Strombecker

In Europa, come si è detto, dal 1957 c'era la Scalextric (inglese e poi anche francese) e (dai primi anni '60)in Italia la Policar che produsse un motore ispirato alla medesima architettura.
110# motori Scalextric e Policar 1-32.jpg
Sopra il motorino Scalextric, sotto il Policar

I giapponesi iniziarono a copiare questi motori e li introdussero (a basso costo) in America (ad es.: Varney). Poi la ditta Mabuchi (nella prima metà degli anni Sessanta) iniziò a produrre una serie di nuovi motori a due magneti affiancati all'indotto, che presto (1965/1966) soppiantarono i vecchi modelli sia nella scala 1:24 che nella 1:32. Anche per i modelli "casalinghi" sia Scalextric che Policar si allinearono al cambiamento (1969/1970 circa) [ma torneremo su questo argomento]
111# Pittman vs Mabuchi D36.jpg
Confronto tra un motore tipo Pittman DC81 (a sinistra) ed un Mabuchi D36 (a destra)

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 18 mag 2019, 12:49

(Ricapitolando) Ancora, tra la fine del 1965 e i primi mesi del '66, numerosi modelli slot-car erano movimentati da motori Pittman a magnete singolo (o da copie di questo motore)
112# motorini fermodellismo americano.jpg
Motori in uso nel fermodellismo americano ma utilizzati anche nello slot-car degli anni '50/'60

113# Revell-Rp66-Slot-Car-Motor-In-Original-Box.jpg
Esempio di motore Pittman per Revell (nota ditta di modellismo plastico/statico che aveva una "limitata" produzione di modelli ferroviari in scala H0 e sviluppò invece una cospicua produzione di micropiste e modelli slot 1:24 e 1:32)

Già nei primi anni Sessanta, il fermodellismo e lo slot-car americano vennero "invasi" dai motorini di una ditta giapponese: la Mabuchi.
Inizialmente Mabuchi produsse copie (economiche) dei Pittman. poi iniziò la produzione di una nuovissima linea di motorini compatti, a due magneti con cassa chiusa, progettati soprattutto per le slot-car e che presto soppiantarono i vecchi motori, venendo adottati dalla maggior parte delle ditte che producevano modelli di auto per piste elettriche.

114# Collezione Mabuchi 36D.jpg
Panoramica di (alcuni!) motori Mabuchi FT 36 D: ogni ditta di slot definiva il proprio motore con una sigla personalizzata ma spesso cambiava solo il colore della cassa o della calotta

Mabuchi produceva tre modelli base di dimensioni e potenza diversa: il più piccolo (x88) non ebbe molta fortuna e attualmente è introvabile, l'intermedio FT 16D (ma definito a volte anche x100 o anche 110) si pensava inizialmente adatto sola alla scala 1:32. Il maggiore FT 36D (ma anche x200) ebbe grande diffusione per i modelli 1:24

115# Monogram--Super-X-200.jpg
Il "Tiger super x-200" uno dei 36D Mabuchi della Monogram: questo modello era dotato di un diverso avvolgimento (per gli 8 Volt). Naturalmente era previsto che venisse alimentato con i canonici 12 volt, il che avrebbe permesso, a patto di maggiore assorbimento, un alto numero di giri, col risultato di aumentare la velocità del modellino che l'avrebbe montato


Quindi, anche se i motori erano inizialmente tutti FT 36D Mabuchi, vi fu un evoluzione della casa e anche una personalizzazione, probabilmente richiesta dalle ditte che li impiegavano sui propri modelli. Ad esempio nei primi motori (e in genere in quelli più economici) i carboncini di alimentazione scorrevano in guide di plastica, ricavate nella calotta. Aumentando l'assorbimento dei motori, i carboncini si scaldavano troppo, fondendo le calotte e quindi vennero create delle guide metalliche per risolvere il problema. Poi come si è detto gli avvolgimenti di filo di rame smaltato degli indotti variavano per ottenere un maggior numero di giri......
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda iname1030 » 18 mag 2019, 16:44

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Molto interessante conoscere questi approfondimenti
iname1030

 
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 20 mag 2019, 0:58

Grazie ad iname1030 per l'apprezzamento e continuiamo coi motori....
116# confronto carboncini.jpg
Motori Mabuchi: l'esemplare a sinistra è un modello del primo tipo (N.1) i carboncini poggiano sulla plastica della calotta.
N2: i carboncini scorrono in un astuccio esagonale di alluminio che protegge la calotta di plastica dal calore, permettendo di utilizzare un indotto con maggior assorbimento

Il rapido successo dei Mabuchi spinse la Pittman a produrre un motore compatto a doppio magnete (simile al 36D)
117# Motore Pittman simile al Mabuchi.jpg
Estratto da un articolo dalla rivista Autosprint

Per contrastare la concorrenza dei motorini giapponesi, Pittman montò anche i cuscinetti a sfera sull'asse del rotore ma il motore era molto più costoso del Mabuchi, più pesante e tutto sommato non aveva prestazioni tali da giustificarne il prezzo. Inoltre la sua conformazione e l'alto prezzo sconsigliavano di tentare di elaborarlo ulteriormente. Al contrario i motori Mabuchi costavano poco ed erano "facili" da elaborare,
Altre ditte si limitarono a mettere in commercio Mabuchi elaborati (...e a prezzi assurdi!)
118# Motori bomba.jpg
Se ricordo bene il Mabuchi 36D di serie costava 3.600£ - Spenderne 28.000 per lo stesso motore semplicemente riavvolto ed anticipato era una vera assurdità!

119#-slot-car-racing-.jpg
Foto d'epoca: appassionati attorno ad una pista slot

In Italia alcuni appassionati dotati di elementari conoscenze di elettrotecnica e di buona manualità si inventarono il mestiere di elaboratore di motorini e con 4-5.000£ ti elaboravano (alla "meno-peggio") il motorino del modello che gli affidavi.
Alcuni fondarono delle vere e proprie ditte artigianali come R.M.C. che produceva i famosi Thunder
055# Immagine 39 motori Thunder.jpg
I Thunder erano basati sui componenti dei motori Mabuchi

L'elaborazione consisteva nelle seguenti fasi: il motore originale veniva smontato e l'avvolgimento originale di centinaia di spire di filo smaltato sottile (0,15/0,20 mm) veniva rimpiazzato da un nuovo avvolgimento con filo di sezione maggiore (da 0,27 a 0,32mm) con un numero assai minore di spire. Ad esempio sembra che il Thunder Super 900 (su Mabuchi 36D) fosse riavvolto con 56 spire di filo di rame smaltato da 0.30)
Il motore veniva "anticipato" ovvero il collettore veniva ruotato di 10/15° nella direzione della rotazione prevista. Anticipato il collettore e riavvolti i tre campi dell'indotto i fili, dopo aver saldato i capi al collettore, venivano incollati con una resina epossidica e l'indotto veniva "cotto" in forno per alcuni minuti.
Una volta raffreddato veniva equilibrato, asportando con un trapanino parti metalliche dell'indotto fino ad equiparare il peso dei tre avvolgimenti. I magneti venivano avvicinati all'indotto inserendo uno o due strati di nastro adesivo tra la cassa ed il magnete e l'indotto veniva lucidato per evitare che parti sporgenti grippassero contro i magneti avvicinati al massimo.
In seguito verranno prodotti e commercializzati (a prezzi che non ti dico) dall'America magneti più potenti. Chi riuscì a procurarseli ovviamente superava gli avversari.
120 piste americane.jpg

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Rocket68 » 21 mag 2019, 10:23

Oliviero Lidonnici ha scritto:Il motore veniva "anticipato" ovvero il collettore veniva ruotato di 10/15° nella direzione della rotazione prevista. Anticipato il collettore e riavvolti i tre campi dell'indotto i fili, dopo aver saldato i capi al collettore, venivano incollati con una resina epossidica …..
Una volta raffreddato veniva equilibrato, asportando con un trapanino parti metalliche dell'indotto fino ad equiparare il peso dei tre avvolgimenti.

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Per cortesia, potresti spiegare meglio questo fatto dell'equilibratura che non mi è chiaro. (magari anche l'anticipo…... :oops: )
Grazie e tanti saluti da Pippo
Rocket68

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 22 mag 2019, 20:36

Rocket68 ha scritto:Per cortesia, potresti spiegare meglio questo fatto dell'equilibratura che non mi è chiaro. (magari anche l'anticipo…... :oops: )
Grazie e tanti saluti da Pippo

Temevo questa domanda che mi avrebbe costretto ad una faticosa e "perigliosa" ricerca in cantina ma effettivamente le mie spiegazioni in merito sono state troppo superficiale e quindi:
Inizialmente per procedere all'equilibratura (artigianale!) di un indotto si utilizzava uno strumento improvvisato, realizzato con due lamette da barba poste in parallelo e incollate ad un piccolo parallelepipedo di legno, in seguito ci siamo un po' evoluti costruendo strumenti un pochino più sofisticati come quello che mostro nelle foto successive:
EQUILIBRA 1.jpg
Due lame di acciaio parallele, incastrate in un blocchetto di alluminio, al centro una piccola livella a bolla, ai quattro angoli le viti di regolazione per disporre lo strumento in posizione perfettamente orizzontale con l'aiuto della livella a bolla.
Attorno alcuni indotti da equilibrare

Una volta che lo strumento è livellato si poggia sulle lame l'asse di un indotto da controllare:
EQUILIBRA 2.jpg
Se l'indotto è equilibrato resterà fermo ma se è squilibrato il campo più pesante lo farà ruotare portandosi in basso. Trovato il campo troppo pesante lo si segna con un pennarello (vedi l'esempio dell'indotto poggiato a terra)

Quindi con un trapano a colonna (e agendo con prudenza e delicatezza) si fora leggermente il campo che si è dimostrato pesante alleggerendolo con l'asportazione di piccole porzioni di metallo e si controlla più volte rimettendolo sulle lame ed eventualmendo asportando col trapano altro metallo finchè l'indotto, posto sullo strumento non ruota più e quindi è equilibrato.
nell'immagine in bassol'indotto di destra è equilibrato. Al centro è mostrato un indotto di serie (non elaborato) e a sinistra un indotto anticipato, mediante rotazione del collettore:
EQUILIBRA 3.jpg
Nell'indotto non elaborato l'attacco della saldatura dei fili degli avvolgimenti è baricentrico rispetto ad essi (linea rossa) invece nell'indotto anticipato la saldatura è spostata di 10-15° in direzione del senso di rotazione che occorre avere

Si puntualizza che l'indotto anticipato, nella foto sopra, è quindi previsto per una rotazione oraria (rispetto alla posizione della foto)
Se (una volta rimontato) lo si facesse girare in senzo antiorario, il motorino avrebbe un sostanziale decremento del numero di giri massimo

Per concludere notiamo la differenza tra un indotto di serie ed uno elaborato

ELABORA 1.jpg
A sinistra l'indotto di serie: il filo è sottile - A destra l'indotto elaborato mostra spire di filo di sezione maggiore e ricoperte di resina, necessaria per tener ferme le spire che la forza centrifuga, generata dall'altissimo numero di giri, potrebbe strappare.

Spero ora di essermi spiegato
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 26 mag 2019, 1:55

Quando lo slot arriva in Italia (dicembre del 1965) ormai la maggior parte dei modelli americani che vengono importati montano il motore Mabuchi FT 36 D, più o meno personalizzato dalle case. Molto diversi erano invece i telai: alcuni a pianale altri a traliccio, materiali: ottone, acciaio, leghe di magnesio, plastica, ecc. Pure diversi i sistemi di trasmissione: in linea (pignone e corona) o sidewinder (ingranaggi frontali). Vediamone qualche esempio:
Uno dei telai più versatili e competitivi era quello a pianale in ottone, con trasmissione in linea dell'A.M.T. che era regolabile e poteva montare moltissime carrozzerie diverse, sia della stessa casa che di altre:

121# McLarenElva Box.jpg
Scatola di uno dei modelli AMT

122# McLarenElva AMT(1).jpg
Questa è la Mc Laren Elva - AMT

123# Telaio 1-24 AMT .jpg
Il telaio a pianale in ottone di AMT era regolabile in lunghezza ed in larghezza. I rapporti (pignone/corona) si potevano cambiare quindi era possibile montare motori elaborati. Era però piuttosto pesante e non molto robusto (si piegava in caso di urto) ed il pik-up aveva il braccetto fisso

Uno dei modelli che inizialmente ebbe grande successo fu la Lotus 40 della COX. Insuperabile come modello di serie però aveva la limitazione di non poter variare i rapporti di trasmissione (Sidewinder col motore fisso) e quindi dopo pochi mesi dalla messa in produzione (dal punto di vista agonistico) era già superato.

124# COX-Lotus 40 a(Scatola).jpg
La tipica scatola della COX mostra lo schema del telaio e il disegno della carrozzeria visto dall'alto

125# COX-Lotus 40 - modello.jpg
La carrozzeria della Lotus 40 (si poteva montare anche con gli accessori della Lotus 30)
Modello realistico e ben fatto era in plastica dura ma di peso contenuto

126# Telaio COX Lotus40.jpg
Il telaio COX della Lotus 40: leggerissimo e molto robusto era in lega di magnesio con braccetto porta pik-up oscillante. L'avantreno era montato su braccetti di nilon flessibili ed era regolabile in lunghezza

Altro difetto del telaio COX : prevedeva di montare solo le carrozzerie della casa.
Però i modelli in catalogo erano modellisticamente molto belli
127# COX 1960's Shelby Cobra 427 Sebring.jpg
modello 1:24 COX, della Shelby Cobra 427 Sebring. Utilizzava lo stesso telaio della Lotus 40

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 31 mag 2019, 2:20

Proseguiamo con la carrellata delle slot car 1:24, in circolazione nei center italiani, nella prima metà del 1966 e ancora propulse dal solito Mabuchi 36 D (o D 36), montato indifferentemente con trasmissione "in linea" o "sidewinder".

La Monogram, ditta americana conosciuta per i suoi modellini in raffinati kit di plastica, statici, era molto attiva nella produzione di slot car 1:24 e 1:32. I modelli in scala maggiore erano ovviamente mossi dal classico 36 D, con la cassa verniciata in rosso. Le carrozzerie, in plastica rigida (polistyrene) erano modellisticamente molto curate. I telai principalmente composti di lamierino di ottone tranciato, piegato ed avvitato(*) erano prodotti in differenti versioni con pik-up fisso o basculante.
(*)Nota- le numerose viti potevano essere un problema: in corsa, le vibrazioni del modello le allentava creando problemi di tenuta e perdita delle stesse.
128# MONOGRAM Chaparral 1.JPG

130# MONOGRAM Chaparral 2.JPG
La Chaparral della Monogram, vista dal basso, mostra il telaio in lamierino (misto) di ottone stampato e piegato col retroteno in alluminio. Regolabile in lunghezza era però predisposto solo per le carrozzerie della casa. Il pik-up di questo modello è montato su braccetto mobile di filo di acciaio ma vi erano anche telai col braccetto fisso.

130 # MONOGRAM TELAIO (bis) .jpg
Telaio Monogram comune a vari modelli (Ferrari 275, Chaparral, Scarab, Porsche 904, ecc)

Aurora - ancora una ditta di kit statici in plastica, di modelli di navi, aerei e ovviamente auto: produceva slot col marchio K&B. Nella sua produzione iniziale impiegava motori di vario tipo (anche di produzione propria) per poi adeguarsi ai motori Mabuchi.
131# Aurora K&B Sportsman Racer  .jpg
"Sportman Racer" 1:24 della Aurora/K&B. Un modello volutamente stravagante ma abbastanza apprezzato in America era però poco comune in Italia. Questo esemplare è di un mio amico che lo acquistò negli USA (circa nel 1965)

132# Aurora K&B Sportsman Racer 2.jpg
Telaio della Sportman Racer K&B: in lamierino di alluminio stampato e piegato - Motore 36 D con trasmissione sidewinder - Pik-up montato su braccetto mobile, incernierato al retrotreno

133# Aurora K&B Sportsman Racer 3 .jpg
Sportman Racer visto dal basso. la carrozzeria è in acetato e le gomme posteriori sono in spugna

Revell: ditta già famosa in Italia per le scatole di montaggio di aerei, auto e modelli navali, aveva anche in produzione edifici ferroviari e una (limitata) di rotabili ferroviari in scala H0. Dopo aver impiegato sulle prime slot, i motori Pittman, passò ai Mabuchi (Come abbiamo già accennato in precedenza).
136# Revell Lola-T70-01.jpg
Una splendida Lola T70: slot 1:24 della Revell con carrozzeria in acetato

137# Revell Lola-T70-(telaio).jpg
Telaio della Lola T70- Dopo svariati tentativi di telai "in linea", Revel concepì questo strano telaio asimmetrico con trasmissione sidewinder che si dimostrò abbastanza competitivo (ma che fu comunque, dopo pochi mesi, superato)

Tutti i modelli 1:24 che fin qui ho mostrato, erano importati dall'America ma il boom delle micropiste nostrane, indusse produttori italiani a realizzare modelli in questa scala, ad imitazione di quelli americani.
In seguito vedremo la Policar che già realizzava piste casalinghe in scala 1:32 e che proporrà un sistema di piste e alcuni modelli nella scala più grande, ma per la scala 1:24, forse la prima fu la nota Treni Favero che col marchio Agfa-Unicar propose il modellino della Ferrari P2. Mosso sempre dal motore Mabuchi 36D, giunse tardi (settembre 1966) quando ormai i modelli competitivi della concorrenza utilizzavano altri motori, più leggeri, economici e performanti.
140# 330 P2 Unicar (0).jpg
La confezione della Ferrari P2, in scala 1:24 della Unicar (AGFA-Treni Favero)

141# UNICAR Ferrari 330 P2 (1).jpg
Ferrari 330 P2 - Unicar
Carrozzeria in polistirolo colorato in pasta

142# UNICAR ferrari 330 P2 (2)).JPG
Telaio regolabile in lamierino di alluminio anodizzato (ispirato al telaio AMT in ottone) dotato di pik-up montato su braccetto mobile in tondini di acciaio - Motore 36D in linea - Gomme posteriori in silicone

Le prestazioni di questo modello sarebbero state buone se il modello fosse stato prodotto almeno sei mesi prima ma a settembre del 1966 era ormai superato dai nuovi modelli americani (Carrera Russkit, Cucaracha COX, ecc...).
La Unicar corse ai ripari producendo, uno dopo l'altro, nuovi modelli di telai sempre più leggeri e performanti (almeno tre o quattro diverse tipologie impiegando diversi materiali: alluminio, nyon, plastica nera ) e utilizzando i nuovi motori Mabuchi D26. Purtroppo l'eccessivo sforzo produttivo e il rapido esaurimento del boom dello slot italiano, porteranno inesorabilmente al fallimento della ditta italiana (circa intorno al 1970) . :cry:

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