Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra



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"E' il link del bellissimo sito dedicato alla storia della vecchia Rivarossi.
Già da tempo in contatto con loro, abbiamo insieme deciso di creare una sezione del forum dedicata al loro sito.
Naturalmente per prima cosa, per chi non l'avesse ancora fatto, vi consiglio di andare a visitare il sito http://www.rivarossi-memory.it e di studiarlo per bene visto che contiene buona parte della storia del fermodellismo Italiano per poi venire qui e parlarne con noi e con loro!
Vi aspettiamo numerosi!!!
Lo staff di ferramatori.it e di rivarossi-memory.it"

Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 21 apr 2018, 0:12

merlotrento ha scritto:volevo far notare solamente l'utilizzo della foto....molto diffusa o pari pari ripresa dalla scatola Varney?

Naturalmente no è la scatola che riproduce una foto famosa altrimenti avremmo le scritte incancellabili. La foto originale è più ampia e nella scatola è invece parzializzata. Quella foto l'abbiamo anche su RRM....QUI:
http://www.rivarossi-memory.it/Tecnica/ ... et_B&O.htm
........................................................................................
Ora però visto che siamo un poco "usciti di strada", prima di arrivare al punto :lol: ampliamo prima il discorso sul panorama fermodellistico americano del primo dopoguerra. Tra i produttori di modelli in scala H0 non c'era solo Varney, vediamo un altro famoso costruttore (limitandoci alle notizie essenziali, per non tediare troppo sarò stringatissimo):

Mantua Metal Products

John Tyler e James Thomas fondarono Mantua nel 1926.
Inizialmente, Mantua fabbricò barche in legno e metallo, dotate di un motorino elettrico a 6 volt in corrente alternata realizzato da loro stessi
Nel 1930 Mantua, cerca di entrare nel mercato del fermodellismo proponendo questo motore.
Motore Midjet.jpg
Il motorino Midjet era il più potente prodotto da Mantua e proposto ai produttori di modelli ferroviari

Prima per modelli in scala 00 (1:76) poi nel 1932 entra nel fiorente mercato dei treni modelli H0 con un motore in corrente alternata e poi con la versione in c. continua. Finalmente nel 1937 realizza il suo primo modello di locomotiva a vapore completa in scala H0: un kit in metallo di una 2-8-0 Reading Consolidation, venduta in kit a 28,50$ e montata per 49,50$.
Non erano modelli economici si noti che la paga settimanale media per un ferroviere nel 1937 era di $ 34,15.
Nel 1938 il nome della ditta viene cambiato in Mantua Metal Products.
Durante la guerra la ditta, come molti produttori statunitensi si converte alla produzione di attrezzature per l'esercito e quella modellistica si interrompe. Nel 1945, per l’ottimo lavoro svolto, la compagnia riceve un premio dal governo degli Stati Uniti.
kit Mikado Mantuajpg.jpg
(alcune delle) componenti di un kit Mantua di montaggio di una Mikado . Tutte le parti sono metalliche: pressofusione, ottone e lamierino

Dopo la guerra Mantua si concentra sulla produzione di modelli ferroviari in kit di montaggio e nel 1947 pubblica il primo catalogo del dopoguerra (l’ultimo risaliva al 1942). In questo anno, James Thomas abbandona la partnership, lasciando John Tyler come capo della compagnia. Nel 1953 la ditta inizia a produrre i primi set di treni montati e pronti all’uso.
Steam Loco (Vintage) Mantua 3993.jpg
Un esempio di una locomotiva Mantua (3993). Anche la carrozzeria è in pressofusione di metallo (zinco)

Per la storia di Mantua mi fermo al 1953 (è l'anno che mi interessa) :mrgreen:
Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Massimo » 21 apr 2018, 10:13

riferendomi alla foto credo proprio molto diffusa.
A quel tempo non era facile togliere la fascia gialla e sostituirla (con la dovuta distorsione prospettica) con il terreno sottostante. Ciò sarebbe stato possibile solo con la digitalizzazione delle immagini ma erano processi allora fantascientifici.
Dato la bassa produzione (al vero) di queste macchine mi sembra logico pensare anche ad una relativa bassissima documentazione fotografica a cui i due produttori attinsero
D'istinto mi viene da posizionare cronologicamente la foto anche molto prima degli anni in cui fu prodotto il modellino.

e scusate l'OT
Massimo

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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Gatto Soriano » 21 apr 2018, 17:00

Per quanto riguarda la Varney, tempo fa avevo pubblicato alcune foto di automodelli della sua produzione, assieme ad altre americane dell'epoca:
viewtopic.php?f=131&t=5655
Scusate se sono un po' o.t., ma ho pensato che forse a qualcuno l'argomento potesse interessare.
Saluti,
Ferruccio
Ultima modifica di Gatto Soriano il 22 apr 2018, 11:31, modificato 1 volta in totale.
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 21 apr 2018, 19:55

Massimo ha scritto:riferendomi alla foto credo proprio molto diffusa......omissis......e scusate l'OT

Qualsiasi partecipazione fattiva è sempre bene accetta! :-P
.........................................................
[lupe.gif] torniamo in argomento [lupe.gif]

I FRATELLI POLK DI NEW YORK e ARISTO-CRAFT MINIATURES

Di questo ne parla ampiamente Giorgio su RRM
QUI:
http://www.rivarossi-memory.it/Altre_Ma ... M/Polk.htm
o vedi anche:
http://www.tcawestern.org/aristo.htm
Quindi non vi farò perder tempo a ripetere il conosciuto, però devo riportare alcune righe del suddetto articolo:
/////////
"Nell'immediato dopoguerra, probabilmente alla campionaria di Milano (i fratelli Polk) contattarono Alessandro Rossi e gli proposero di realizzare la 0-4-0 Dockside. Ricorda a proposito Alessandro Rossi: "Era stata proposta dal nostro importatore americano. C’era la richiesta di una macchina versatile adatta anche per piccoli impianti. La prima realizzazione di questa locomotiva era brutta, era stata desunta dalle foto, senza disegni originali. La seconda invece non era male"
///////////
Ora valutiamo quanto riportato e ricostruiamo il periodo:
1- La Fiera Campionaria di Milano fu inaugurata dopo la ricostruzione post bellica il 12 settembre del 1946. In quel momento (diciamocelo senza problemi ma non vorrei usare parole travisanti) Alessandro Rossi e la Rivarossi dovevano essere ...poco conosciuti.
Alla fine del '46 RR aveva in catalogo una "tramvia" e pochi binari. Messa così non possiamo pensare che mister Polk sia venuto in Italia a cercarlo per chiedergli una loco americana. Evidentemente dobbiamo interpretare l'avvenimento in modo diverso.
Purtroppo io non ho alcuna informazione dettagliata di quell'avvenimento e se qualcuno ha scritto qualcosa in merito, chiedo venia ma non l'ho letto.
Non so quindi se Rivarossi fosse in Fiera come espositore ma di certo era presente per tastare il mercato e farsi conoscere e aveva sicuramente con se i prototipi dei nuovi modelli e forse la bozza del catalogo per l'anno 1947. E scommetterei pure che tra questo materiale ci doveva essere già un prototipo di Dockside che avrà mostrato a Polk (forse lo ha cercato lui stesso per mostrarglielo o sono stati presentati da qualche amico comune....... anche qui è romanzato :lol: ma anche se andò diversamente non cambia il succo della situazione).
Rivarossi forse non è ancora edotto delle norme NMRA e forse Polk glielo fa presente e gli fa notare che il modello della B&O non si adatta al mercato americano e deve adeguarsi. A questo punto Rivarossi si aggiorna e mentre vende il modello realizzato in Italia così com'è, progetta un modello migliore, rispettoso delle norme NMRA. Difatti il catalogo del 1948 in prima pagina presenta un lungo panegirico che cita dettagliatamente queste regole e suddivide la produzione di quell'anno in base al rispetto delle suddette [ha studiato bene! :lol: ].
Vedi per credere:
http://www.rivarossi-memory.it/Catalogh ... 8%2003.jpg

Ovviamente la vera penetrazione di RR nel mercato americano è nel 1948 e non nel 1947 ed effettivamente iniziamo a trovare documenti "americani" datati 1948
TAVOLA 09.Moder Railroader nov 1948 b.jpg
Particolare di una pagina della rivista Model Railroad del novembre 1948
Si notano chiaramente i modelli Rivarossi tra cui la famosa B&O voluta da Polk

Nota per l'evoluzione dei modelli della B&O RR vedi l'ottimo articolo di Andrea F.Ferrari
http://www.rivarossi-memory.it/Riva_Loc ... ione_1.htm
TAVOLA 08 foto 2.jpg
Questo modello del 1946/47 di B&O Rivarossi non poteva sicuramente essere accettato in quel mercato americano sofisticato che abbiamo descritto in precedenza (foto tratta dall'articolo di Andrea F.Ferrari)

:mrgreen:
TAVOLA 07 Plastico Varney.jpg
Un "casalingo" plastico americano di quell'epoca con materiale Varney e l'onnipresente "Little Joe"

Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 22 apr 2018, 1:39

Un altro ritaglio della rivista Model Railroader di novembre 1948

TAVOLA 11.Model Railroader nov 1948.jpg
Aristo-Craft presenta il modello di Rivarossi ma non ne cita ancora il marchio per problemi fiscali

La Dockside Rivarossi era proposta in kit come usavano fare le ditte americane "concorrenti" :lol: ... ed era venduto ad 8.95 $ mentre la locomotiva montata e pronta all'uso ne costava 15.

TAVOLA 12 kit RR 1948.jpg
Le dimensioni della scatola del kit di RR e le accluse istruzioni imitavano presumibilmente i kit delle ditte "indigene"


Quasi certamente il modello proposto negli anni 48/50 doveva essere in questa configurazione

00.B&O HM02.jpg


00.B&O HM01.jpg

......Ma piacque questa loco RR agli americani?
[fischse7.gif]
Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda thedoctor » 22 apr 2018, 9:40

Un plastico "già pronto" simile a quello RR di qualche tempo dopo,ma perchè c'è la parola italiana "PRESTO"???nel senso che era ready to run?? [lupe.gif]
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 22 apr 2018, 14:42

thedoctor ha scritto:Un plastico "già pronto" simile a quello RR di qualche tempo dopo,ma perchè c'è la parola italiana "PRESTO"???nel senso che era ready to run?? [lupe.gif]

Purtroppo non conosco l'inglese e non sono in grado di interpretare lo scritto "oltre le righe" col solo ausilio di "Google traduttore". Ma per quello che so di Varney, posso dire che la ditta produceva e promuoveva soprattutto kit e materiale in H0 da impiegare nei plastici. Infatti se rileggi lo scritto dice (grosso modo) che il plastico è facilissimo da realizzare usando i kit.
Nei cataloghi come esempi base mostrava circuiti come questo:
varneycatalog1950spg01.jpg
Estratto da catalogo Varney del 1950 (Nota secondaria: come al solito c'è una Dockside)

Grosso modo mi sembra di capire che dice:
Questo impianto da tavolo è un gioco da ragazzi. Funziona davvero, anche se misura solo 3 per 4 piedi, completo con treni, edifici e scenari. Mediamente viene a costare $ 64,50. Il tuo rivenditore ha tutti i kit. Indicazioni a pagina 13
Quindi lo mostra come esempio ma non te lo vende: "E' facile! Comprati i kit e montatelo da te!" -1-
Da quello che credo di aver capito mi risulta che dagli anni trenta almeno fino alla metà del XX secolo, i fermodellisti americani preferissero costruire tutto in proprio anziche comprare il "montato e pronto"
Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 22 apr 2018, 15:03

Ma torniamo "a bomba"
Avevo chiesto: "Ma questa Dockside RR piacque agli americani?"
Certamente avrà riscosso apprezzamenti ma non credo che avrebbe potuto avere grande successo. Il modello Rivarossi del 1947/48, rispetto ai modelli similari dei produttori locali era 1- tecnologicamente superato, 2-modellisticamente impreciso, 3- esteticamente poco curato....Lo stesso Rivarossi riconobbe: " La prima realizzazione di questa locomotiva era brutta, era stata desunta dalle foto, senza disegni originali...." e per finire 4- Non abbastanza economica: costava circa 9$ in kit e 15$ montata; se pensiamo che il kit della Dockside della Varney costava 15 $ ed era semplicissimo da montare, preciso in scala e tecnologicamente migliore... (x)
Iniziamo con un confronto estetico

TAVOLA 10.. Doc. RR1947 vs Varney.jpg
Confronto tra le immagini (da catalogo) dei modelli di Rivarossi e di Varney
[lupe.gif] confrontiamole con la vera [lupe.gif]
Esempio ripetuto.jpg

Il pancone di Rivarossi è inguardabile e si vede chiaramente che le ruote e anche la camera a fumo sono troppo grandi, molti particolari sono fuori posto o sproporzionati. La forma della cabina è errata, la valvola non è incassata ma la cosa più fastidiosa sono i finestrini ciechi.
TAVOLA 14 confronto al vero.jpg
Confronto al vero di una Dockside Varney completata con il kit degli aggiuntivi e personalizzata da modellista. Osservate la curiosità della catena sul cilindro (vero) che il modellista cerca di riprodurre.

[lupe.gif] I finestrini chiusi non permettono di inserire figurini di macchinisti affacciati: un particolare che mi sembra fosse apprezzato dai modellisti d'oltroceano dato che lo ritrovo spesso nelle foto d'epoca [lupe.gif]
Ricordiamo che la cassa della Varney è in pressofusione, sistema che non permetteva particolari precisi molto piccoli e costringeva a spessori consistenti del materiale. Purtroppo la bachelite di Rivarossi migliora solo di pochissimo la situazione. La bachelite è fragile, deve essere comunque spessa ed è solo di poco migliore per i particolari minuti inoltre non trasmette quel senso di solidità e pesantezza del metallo.
Saluti da Oliviero

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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 22 apr 2018, 18:04

La Rivarossi nel 1947, intesa come fabbrica, era agli esordi. L'esperienza era poca e il punto di riferimento a cui Rivarossi (Alessandro) faceva capo era quasi certamente Marklin. La concezione di base era legata alle tre rotaie, al motore in corrente alternata a 16 volt, disposto con asse trasversale e alla trasmissione a cascata di ingranaggi diretti (in costoso ottone!).....come Marklin. Per le locomotive ancora peggio, visto che la Dockside fu la prima e quindi oserei dire sperimentale (per non dire improvvisata): i biellismi erano posticci e trainati dal moto delle ruote (ancora come le prime Marklin). Le locomotive delle ditte americane del dopoguerra invece utilizzavano motori longitudinali con trasmissione a vite senza fine e ingranaggio posto solitamente sull' asse anteriore (o comunque centrale per i multi assi) e gli altri assi erano movimentati dai bellismi (come al vero!)
Per fortuna Rivarossi aveva duplicato la produzione anche per le due rotaie e per la corrente continua a 12 volt ma suppongo che questo doppio lavoro disperdesse le forze anzichè ampliare la sperimentazione in un'unica direzione. Ma presto RR (a contatto con gli americani....? -1- ) se ne renderà conto :D
TAVOLA 15 meccaniche a confronto.jpg
A sinistra la meccanica Varney a destra la Rivarossi (in ambedue gli schemi non sono rappresentati i biellismi)

La Varney possiede un solido telaio e la struttura principale si monta con tre sole viti (una per il blocco cilindri/zavorra e carrozzeria, la seconda ferma il motore al telaio e la terza blocca il carter che tiene in sede le ruote). La Rivarossi non ha un vero telaio, tutte gli elementi sono ancorati alla carrozzeria come il carapace di una tartaruga che comprende anche i cilindri. Il blocco motore/trasmissione, praticamente è lo stesso del carrello motore del locomotore Le 626/R . Ovvero hanno riusato un elemento che avevano già pronto. Questo carrello si inserisce in due zavorre (frontale e posteriore). Le due zavorre e i predellini in lamierino metallico (zavorre e predellini NON presenti nello schema in alto) si avvitano in prigionieri in ottone filettato annegati nella bachelite.

TAVOLA 15BIS.jpg

Carrozz RR B&O.jpg
La carrozzeria "portante" della Dockside RR

Rivarossi non aveva altro americano da fornire ad Aristo-Craft (Hiawata a parte). Tutto il materiale rotabile era europeo, a 2 assi e coi respingenti. Ma nel 1948 anche in Italia c'erano parecchie incongruenze a cui pensare......
Saluti da Oliviero
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Re: Fermodellismo HO nell'America del dopoguerra

Messaggioda berto75 » 22 apr 2018, 22:42

Interessantissimo :yahoo: Oliviero stai realizzando un' accurata ricostruzione -comparazione storica applause1 applause1 ecceziunnale !!! applause1 applause1 applause1
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