Direi che con gli interventi pubblicati fino ad ora ho illustrato a sufficienza gli sviluppi e le tendenze dei motori a due tempi
per modellismo dagli inizi fino alla fine degli anni 70.
Naturalmente negli anni 80 ci sono stati ulteriori progressi ma che personalmente ritengo meno interessanti,
tra gli altri lo sviluppo di scarichi a risonanza per elevare ulteriormente le potenze e in numeri di giri
e lo sviluppo di tipologie specifiche destinate ad usi particolari ad esempio modelli navali o modelli di auto.
Un settore diverso e meritevole di attenzione e invece rappresentato a mio avviso
dai motori per modellismo con funzionamento a quattro tempi.
In questo settore mi sono interessato in particolare a soluzioni tecniche originali ed architettura diverse dal comune,
che per il mio gusto personale rappresentano autentici capolavori di meccanica fine .
L’amico Alberto nel messaggio precedente diceva di progettisti e utilizzatori un po’ matti, siccome non c’è limite al peggio,
in questo caso si può ben parlare di personaggi molto più matti o addirittura pazzi furiosi!
Qui e nei post seguenti vedremo un progetto tedesco,
alcuni progetti giapponesi che in questa nicchia hanno fatto la parte del leone,
un progetto inglese ed infine un progetto italiano.
Il motore rotativo Wankel di Graupner O.S.
Il signor Johannes Graupner nel 1961 decise di sviluppare il progetto del nuovissimo motore rotativo
presentato in pubblico dalla casa automobilistica NSU solo nel 1956 e 1957 come novità mondiale.
Il progetto voleva realizzare un motore di piccola cilindrata, orientativamente 5 cm cubici, destinato espressamente ai modelli volanti.
Il lavoro di ricerca e sviluppo di due prototipi venne affidato ad una officina specializzata germanica che nel giro di tre anni
fu in grado di realizzare il primo prototipo di 3,5 cm cubici e l’anno successivo il secondo prototipo di 4,9 cm cubici.
Con questo prototipo nel 1966 un esperto pilota partecipò ai campionati mondiali di volo acrobatico radiocomandato in Corsica
vincendo alcune gare e sollevando grandissimo interesse nel settore.
In seguito a questo insperato successo la ditta tedesca cercò un partner industriale per la produzione in serie del nuovo motore ma in Europa nessuno si dimostrò interessato.
L’unica ditta che raccolse la sfida fu la giapponese O.S. che già da diversi anni produceva con grande successo
una serie di motori a due tempi di tipo tradizionale.
Il contratto di fornitura venne firmato nel 1967 ma la produzione iniziò solamente nel 69 perché questo nuovo tipo di motore
aveva delle particolari complessità per risolvere le quali fu necessario dotarsi di macchine utensili di nuova concezione.
Per chi non conosce affatto il principio di funzionamento di questo rivoluzionario motore a combustione interna cercherò di descriverlo in estrema sintesi:
il cuore del motore è costituito da un rotore di forma triangolo equilatero con i lati leggermente convessi.
Agli spigoli del rotore vi sono nove fasce elastiche che garantiscono la tenuta strisciante contro le pareti piane anteriore e posteriore e la camera di rotolamento
che ha una forma assai complessa detta epitrocoidale. Il rotore all’interno ha una corona dentata che ingrana su pignone rotante sull’albero a gomito motore.
La forma della camera di rotolamento del rotore è generata dall’orbita che descrivono i vertici del triangolo che ruota attorno all’asse eccentrico dell’albero motore.
Tra le pareti della camera di rotolamento e i lati convessi del rotore si generano delle camere di volume variabile
a causa della forma irregolare della camera di rotolamento che potremmo vagamente definire a forma di mezzaluna.
Ogni area a mezzaluna si comporta come una camera di aspirazione, compressione, scoppio e scarico quindi ogni giro del rotore si generano tre fasi utili di scoppio ed espansione.
La luce di scarico e il foro della candela si trovano sulle pareti curve della camera di rotolamento
mentre la luce di aspirazione si trova nella zona periferica della piastra anteriore che chiude la camera del motore.
L’albero motore è trascinato in rotazione dal pignone che ingrana all’interno del rotore
e su un terzo ingranaggio bloccato sulla parete posteriore della camera motore.
Infine l’albero motore dotato di contrappeso ruota su due cuscinetti a sfere.
Come abbiamo detto la cilindrata di questo motore è pari a 4,98 cm cubici, potenza massima 0,87 cavalli a 17.000 g/min,
articolo 1800 in produzione dalla fine del 1969 al 1996. I particolari pregi di questo motore sono la quasi totale assenza di vibrazioni,
la particolare attitudine a salire di giri molto velocemente, il peso di 350 g, particolarmente contenuto
e comprensivo di silenziatore, infine il motore è composto da relativamente pochi pezzi e pur essendo del tipo a quattro tempi
non possiede valvole di aspirazione scarico che notoriamente nei motori convenzionali sono spesso motivo di guasti
o necessarie di aggiustamenti periodici.
Nel 1997 a trent’anni dall’inizio della produzione la ditta produttrice a voluto riprogettare con i materiali più moderni
e le tecnologie di fabbricazione più sofisticate questo motore con i medesimi parametri di cilindrata ottenendo un nuovo modello,
articolo 1801, capace di erogare la potenza di 1,38 cavalli a 18.500 giri di rotazione al minuto,
nello stesso anno è stata anche prodotta una versione da 37 cm cubici destinata ai modelli di grandi dimensioni
capace di erogare poco meno di cinque cavalli a 18.000 g/min.
Per chi fosse interessato ad approfondire la storia di questo motore per quanto riguarda le applicazioni automobilistiche
e motociclistiche rimando a Wikipedia che sull’argomento pubblica una documentazione ricca e completa.