Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)



Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 6 feb 2019, 20:12

Verso la fine del mese di giugno 1966 viene inaugurato anche il secondo centro a Torino in via De Sanctis, 15 presso Piazzale Massaua: il "Mille Miglia". Sempre sul finire di quel mese si apre in "pompa magna" alla presenza di autorità e famosi personaggi dello spettacolo, lo "sfarzoso" secondo centro romano, in via Trionfale 130A, gestito direttamente dalla MICRO RACING MODEL CAR che è ormai la maggiore ditta europea di piste per automodelli. Alle pendici di Monte Mario, in ampi locali con moquette e musica stereo di sottofondo in "filodiffusione", climatizzato con aria condizionata e dotato di American Snack Bar, salottini per il relax e di un fornitissimo negozio interno di modelli ed accessori per lo slot.
039# MRMC di via Trionfale RM.jpg
Folla all'inaugurazione del MRMC di via Trionfale a Roma

Il centro di via Trionfale disponeva di tre piste: La "Tigre" di 68 metri (la più grande in Italia), La "Pantera" di 40m. e la "Cobra" adatta ai modelli 1:32
040# pista Tigre a via Trionfale Rm.jpg
la pista "Tigre" del MRMC di via Trionfale a Roma: ad otto corsie lunghe in media 68 metri. Il rettilineo principale era lungo 22 metri. Ricordo che nei punti più lontani della pista risultava difficile distinguere il proprio modello a causa della distanza.

041# pista Tigre a via Trionfale Rm.jpg
Planimetria schematica della "Tigre"

043# MRMC di via Trionfale RM.jpg
Alcuni visitatori più fortunati sono riusciti ad accaparrarsi un pulsante ed una corsia libera....

042# gara di durata a via Trionfale Rm.jpg
Partenza di una gara di durata con modelli di serie sulla "Tigre" di via Trionfale

Nota: le foto sono tratte dal settimanale Autosprint.
Saluti da Oliviero
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 10 feb 2019, 19:06

EVOLUZIONE DELLE SLOT DA COMPETIZIONE (3° parte)

Nelle prime due parti abbiamo considerato l'evoluzione estetica (dal modello realistico alla carrozzeria spoglia e alleggerita, poi sostituita dal "sintetico" guscio monopezzo in acetato). Vediamo ora la meccanica.
Già nel 1965 vi era un' ampia scelta di modelli in commercio ma per problemi di rapporto prestazioni-prezzo le meccaniche più diffuse (almeno nei primi mesi del 1966 e nei center romani e milanesi) erano tre: Monogram, COX e AMT, dotate di telai molto diversi per materiali e meccanica, impiegavano però tutti e tre lo stesso motore: il Mabuchi D36, differenziato solo dal diverso colore della cassa (Rosso per Monogram, violetto metallizzato per AMT e cromato (con calotta nera) per il COX... :D )

La Monogram produceva vari tipi di telai ma tutti realizzati con la stessa filosofia: sottile lamierino in lega di ottone, nervato e allungabile mediante viti, alcuni con pik-up fisso, altri mobile mediante un braccetto oscillante di tondino in acciaio: era piuttosto delicato e con prestazioni solo discrete. Eccone un esempio:
049# Telaio Monogram 1-32.jpg
Telaio Monogram con motore longitudinale "in linea". Questo è un telaio 1:32 ma quelli in scala maggiore erano comunque strutturati in modo molto simile

Ma i telai più diffusi e più performanti (tra i modelli intorno alle 10.000£) erano probabilmente quelli della COX e della AMT.
Tra le macchine di serie (non elaborate) il telaio della Lotus 40 COX era certamente il più performante. Bastava sostituire le gomme posteriori (troppo dure) con gomme in spugna un poco più larghe e il modello risultava vincente:
051#Telaio COX con D36.jpg
Telaio COX della Lotus 40: in lega di magnesio, essenziale, rigido e leggerissimo dotato di braccetto ascillante, molleggiato, porta pik-up. Il motore (Mabuchi D36) posto trasversalmente con ingranaggi frontali (trasmissione detta "sidewinder") era però fisso e non permetteva di variare il rapporto di trasmissione.

Il modello di serie era velocissimo ma non si poteva elaborare: il motore fisso non permetteva di variare il rapporto di trasmissione (pignone/corona) e non si poteva abbassare il baricentro montando ruote di diametro inferiore poichè sia la corona che il telaio avrebbero toccato la pista. Inoltre il telaio prevedeva solo attacchi per le carrozzerie rigide, originali della COX: montare una carrozzeria in acetato avrebbe stravolto il telaio per la necessita di aggiungere staffe di collegamento oltretutto difficili da realizzare.
Riporto integralmente un articolo del settimanale Autosprint riferito alla prima gara milanese di slot vinta dal (all'epoca notissimo) pilota di F3 Andrea De Adamich che gareggiò appunto con una COX Lotus 40, 1:24:
052# De Adamic.jpg
Articolo di Autosprint del 9 giugno 1966

De Adamich però, nonostante la maestria nella guida, nelle gare successive non fu in grado di difendersi da un concorrente munito di di un modello elaborato
Il telaio AMT:
Queto telaio aveva una filosofia costruttiva totalmente diversa dal COX, con ampie possibilità di elaborazione.
050# Telaio AMTcon D36BIS.jpg
Telaio AMT: allungabile e allargabile poteva ospitare moltissime diverse carrozzerie della stessa casa. Realizzato in lamierino di ottone, montava il motore (Mabuchi D36) in posizione longitudinale (trasmissione "in linea"). Questo permetteva di variare i rapporti (pignone/corona) e volendo anche di montare un diverso motore (con lievi modifiche al telaio)

Il telaio AMT era molto più pesante del COX, ma si poteva alleggerire (forandolo), tagliare, saldare; quindi elaborare, variandone l'assetto. Era inoltre dotato di un (opinabile :lol: ) sistema "variatore d'assetto": le due lamelle forate, visibili in foto, inserite nel telaio, slittavano indietro (in accelerazione) ed in avanti (in frenata) Variando quindi la ripartizione dei pesi dal posteriore all'anteriore.
Il sistema però non sembra fosse molto funzionale, tutti evitavano di montarle per alleggerire il telaio già di per se abbastanza pesante. (x)
Tutti e tre i telai (Monogram, COX e AMT) mostrati in questa sezione, erano comunque strutturati per montare solo le carrozzerie delle stesse ditte e cercare di adattare ad essi le nuove carrozzerie in acetato, creava comunque problemi. Le ditte (attentissime al mercato) iniziarono a produrre modelli predisposti o già dotati di carrozzerie in acetato (abbiamo già visto la costosissima Ford della Champion) e anzi, visto che la parte modellistico-estetica non destava molto interesse negli acquirenti, iniziarono a produrre modelli di macchine inesistenti, dotate di carrozzerie di fantasia, allo scopo di farle le più semplici, basse e leggere possibili, non essendo legate alle proporzioni realistiche di un modello in scala. Quesi modelli di fantasia vennero subito definiti "Mostri"
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Saluti da Oliviero

(revisionato e corretto l'11/02/2019)
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 11 feb 2019, 19:51

Prima di parlare dei "Mostri" spendiamo due parole sui costi che un neoslottista nel 1966 doveva sostenere per modelli "umani".
Per la macchina bisognava spendere almeno intorno alle 10.000£
Esempi (tutti per la scala 1:24): nel 1966 la Ford Cobra Shelby della K&B costava 9.600£ - le AMT in scatola di montaggio (Hussein, Chaparral, Lola70, ecc) costavano 9.800£ - La Ferrari P2 della Atlas (scatola di montaggio) £ 12.000 - La Cooper-Ford Spyder della Revell (montata con carrozzeria in acetato) £ 13.000. Poi se volevi la Ford J della Dyn-O-Can oppure la Mako Shark della Cannon, dovevi spendere 16.000£, per la Banshee della BZ occorrevano 18.000£ e dulcis in fundo, la già citata Ford Roadster della Champion a 26.000 Lire! (x)
- Ricordo che nel 1966 con meno di 10.000£ si poteva acquistare un impianto completo di treni Rivarossi (ad es. il treno americano 30806) oppure una splendida locomotiva Gr 740 (art.1121 -£ 9.900).

Tornando alle slot, certamente c'erano anche le giapponesi Kogure a 3.500 lire belle da vedere ma con velocità e tenuta di strada meno della metà delle costose succitate.
L'affitto di 15 minuti di una corsia della "Pista Rossa" al M.R.M.C. di Piazza Pio XI a Roma costava 300£, per l'affitto del pulsante ne dovevi spendere altrettanto. (Nota: la rivista Autosprint costava 100£) Quindi occorreva comprarsi un pulsante personale e doveva pure essere di buona qualità. Feci la fesseria di cercare di risparmiare acquistando un pulsante Russkit da 25 ohm (3.500£) e persi miseramente contro un amico con macchina di serie ma pulsante di qualità, affittato.
Quindi dovetti comprare un pulsante COX "Mark"4 (costo 9.600£).
Naturalmente col motore di serie c'era poco da fare, bisognava elaborarlo e se non eri in grado di farlo in proprio, dovevi ricorrere ad uno capace di farlo (costo di una elaborazione dalle 3.000 alle 5.000) con risultati non sempre affidabili.
Oppure dovevi acquistare un motore già elaborato (costo del D36 LENZ: 26.000 lire....VENTISEIMILALIRE!) oppure ricorrere ai prodotti nostrani (semiartigianali ma ben fatti) come il THUNDER di G.F. Ritrosi
055# Immagine 39 motori Thunder.jpg
Motori Thunder 900 e Thunder 595
R.M.C. mi pare significasse: Ritrosi Micromodelli Competizione

Erano dei normali motori Mabuchi che Gianfranco Ritrosi diligentemente riavvolgeva ed equilibrava, comunque con ottimi risultati infatti per parecchi mesi (tra il 1966 e il'67) la maggior parte delle gare furono vinte da modelli su cui erano stati montati questi motori.
Acquistai per la mia Hussein AMT, un Thunder S.900 (costo del motorino: 14.500 lire (x) ) [Ma fu il primo e ultimo motore elaborato che acquistai dato che, in seguito, imparai ad elaborarmeli da me :twisted: ]
Naturalmente le ruote originali non andavano: cerchione pesante e troppo stretto, gomma troppo dura ma anche asse da cambiare, escludendo poi l'eventuale cambio di boccole con cuscinetti a sfere (una follia!)
Per farla breve tra pulsante, macchina ed elaborazione "base", si "partiva!.. :oops: " da circa 37.000 lire. Poi naturalmente, per le prove e se ti dovevi allenare, c'era la spesa dell'affitto della pista Yellow_Flash_Colorz_PDT_02 e la manutenzione: spazzole gomme e carboncini (ma persino i pik-up) si consumavano ed andavano cambiati. Non finiva qui, c'era pure da spendere per lubrificanti e liquidi speciali per pulire le gomme e migliorarne l'aderenza alla pista.
Ero finalmente riuscito a mettere insieme un modello, in teoria, tecnicamente tra i migliori possibili in quel momento ....ma... non feci nemmeno in tempo a partecipare ad una gara seria visto che nel frattempo era uscito sul mercato un nuovissimo modello, rivoluzionario che tutti si affrettarono ad acquistare e che rendeva il mio ormai obsoleto :-o (x) :cry: .....ma questa è un'altra storia.
Saluti da Oliviero
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Max 851 » 12 feb 2019, 9:14

La cosa sta diventando sempre più avvincente, non vedo l'ora di leggere la prossima puntata!
Mi piacerebbe conoscere, così per curiosità anche se ovviamente si trattava di due mondi completamente diversi, quanto costava in quegli anni una pista Policar.
Massimiliano
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 12 feb 2019, 23:44

Max 851 ha scritto: quanto costava in quegli anni una pista Policar?
Massimiliano

Personalmente non lo ricordo, visto che all'epoca, come ho detto, avevo in casa una pista Scalextric, (la pista Policar che ho mostrato mi fu regalata da un amico, anni dopo) ma le auto di F1 Policar le avevo (almeno 2 o 3) perchè costavano poco, il motorino era più potente di quello Scalextric, e le usavo per "esperimenti": Ad esempio il prototipo-fatto-in-casa con carrozzeria Ferrari 275P Monogram 1:32 (di cui ho parlato alcuni interventi fa) era mosso da un motorino Policar e per la pista di casa era migliore delle Scalextric.
Se ricordo bene, un modellino di F1 Policar, nel 1964-1966, costava 2.000£ (il "Calimero" Rivarossi nel 1967 costava 2.200£) e il pulsante policar costava 500£ (lo ritenevo migliore dello Scalextric)
Ho comunque ritrovato questa pubblicità (ma di dicembre del 1968).
055X 1968-12-15_n.681-15dicem1968 POLICAR piste.jpg
Pubblicità tratta dalla "solita" rivista Topolino (15/12/1968)

Quindi nel 1968 l'ovale di base con 2 modelli di F1, 2 pulsanti di guida, trasformatore e sezione di rettilineo, con contagiri meccanico costava 9.800 (lo stesso prezzo che avevo pagato, tre anni prima, per l'Hussein AMT 1/24). Comunque c'è da tener presente che l'aumento dei prezzi in quegli anni era contenuto: per esempio il "Calimero" nel 1958 costava 2.000£, dieci anni dopo era salito (solo) a 2.200 (10% in più).
Saluti da Oliviero
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 13 feb 2019, 1:17

Dopo aver risposto a Max, chiudiamo la parentesi 1:32 casalinga e torniamo alle slot 1:24 ...dove eravamo rimasti?.....aha! I Mostri!
Iniziamo con questi tre esempi:
056# MOSTRI 1-24.jpg
In alto la Fantum della AMT con a destra il suo semplice telaio con la carrozzeria smontata
Al centro la Vendetta della Cannon con a fianco il telaio visto da sotto
In basso la Asp della Classic e a lato il suo telaio essenziale

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 14 feb 2019, 1:32

Continuiamo con i cosiddetti "Mostri" ovvero le slot 1:24 del 1965/67, modellini dotati di carrozzerie in acetato leggero, di fantasia che non riproducevano auto reali. Per questo vennero chiamati "mostri" dal settimanale Autosprint che, tra l'altro, indisse il referendum tra i lettori: "Automobili o 'mostri'?" (n.22 del 2 giugno 1966)

AMT, seguendo la moda del momento, ne aveva in catalogo alcuni:
057# AMT. Bandido + Fantum I.jpg
A sinistra la "Bandido" una specie di auto di formula a ruote scoperte (bruttissima!)
A destra rivediamo la Fantum I. Ambedue i modelli erano mossi dal motore Mabuchi D36 "in linea"

La "Vendetta" della Cannon (che abbiamo visto nell'intervento precedente) era dotata di un telaio molto versatile, previsto per ospitare anche carrozzerie di auto esistenti (sebbene sempre alquanto schematiche). Sembra fosse in grado di montare dodici diversi tipi di motore sia in configurazione "in linea" che "sidewinder" ma non mi risulta che questo telaio abbia mai vinto qualche gara ufficiale. Se qualcuno lo sa è pregato di dirmelo.

Molte altre ditte avevano in catalogo "mostri" come ad esempio la Gar-Vic di cui vediamo la "Lunar GP 2000" sempre in scala 1:24
061# Gar-Vic-Lunar-GP-2000-1-24(ESEMPIO).jpg
Lunar GP 2000 della Gar-Vic (telaio in lamierino stampato con braccetto oscillante, motore Mabuchi D36 "in linea")

Ma c'era un "mostro" che all'epoca mi piaceva moltissimo e che (per fortuna) non comprai: la "Banshee" della BZ:
058# BZ Banshee.JPG
Banshee della BZ (carrozzeria in acetato, scala 1:24) venduta montata al prezzo di 18.000 lire

059# BZ Banshee.JPG
Il telaio BZ era in lamierino d'acciaio, pik-up montato su braccetto oscillante (in tondino di acciaio) e motore Mabuchi D36 con trasmissione "sidewinder"

Non comprai questo modello, inizialmente per il costo eccessivo ma anche perchè fu subito superato da nuovi modelli molto più performanti e a prezzi più bassi. Comunque acquistai la carrozzeria in acetato trasparente che dipinsi in rosso metallizzato (colori Pactra) e la montai su un ottimo telaio Russkit. (Purtroppo andò distrutta :cry: )
Ecco come si presentava all'acquisto:
060# BZ Banshee.JPG
La carrozzeria trasparente della "Banshee" BZ. Dovrà essere ritagliata, verniciata ed adattata al telaio.
(Nota: questa in foto è però una copia recente in 'lexan')

C'era poi una ditta che produceva principalmente "mostri" la Classic.
062# ''Mostri'' Classic.jpg
Quattro scatole di montaggio della Classic

Le slot 1:24 di fantasia della Classic erano esteticamente "bruttine" ma tutte molto performanti infatti, nella prima metà del 1966, spesso le troviamo nelle posizioni di testa nelle gare slot di quel periodo.
Ho conservato questo esemplare di Manta Ray. Il motore ovviamente è elaborato ma purtroppo le ruote non sono quelle originali della Classic.
063# Manta Ray (1).jpg
La mia interpretazione di "Manta Ray" della Classic, in verde "marmorizzato"

063# Manta Ray (2).jpg
La "Manta Ray" impiegava un leggerissimo telaio in lamierino di alluminio stampato con motore Mabuchi D36 (trasmissione sidewinder). Pik-up montato su braccetto oscillante

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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Gatto Soriano » 14 feb 2019, 10:38

Prima di tutto un ammirato grazie a Oliviero per questa fantastica esposizione veramente unica nel suo genere. [nopity.gif]
E ora vorrei dire la mia sui cosiddetti mostri, e cioè che secondo me è iniziata il quel momento una certa decadenza nell'automodellismo. Un fatto non solo limitato alle slot car, ma molto più ampio, penso per esempio alle Matchbox dove in pochi anni si è passato dalle riproduzioni fedeli alle Mod Rod, ai Dragster, alle Woosh Push ecc. (a partire dal '71). Probabilmente erano cambiati i gusti del pubblico (in peggio)...
Cordiali saluti,
Ferruccio
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda berto75 » 14 feb 2019, 23:24

Concordo pienamente con il pensiero di Ferruccio anche i modelli della HOT WHEELLS han proseguito su questa (a mio parere) orrenda strada degenerativa :evil: in fatto di automostri (x) laught16 laught16 tanto che oggi quando vado al GIGANTE per spesa e vedo alcuni di questi modelli appesi nei blister non capisco neanche cosa vedo e cosa tengo in mano ... auto stupide e assurde (12) (12) le riproduzioni di modellini reali sono tutta un 'altra cosa!!
Complimenti poi a Oliviero per la sua accurata e chiarissima ricostruzione tecnico- storica supportata oltretutto dalla sua preziosa testimonianza personale !! applause1 applause1 avanti tutta!!
rombanti -4- berto75
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Re: Storia dello SLOT RACING in Italia (1960/70)

Messaggioda Oliviero Lidonnici » 15 feb 2019, 2:19

Gatto Soriano ha scritto:.... sui cosiddetti mostri,... è iniziata il quel momento una certa decadenza nell'automodellismo. Un fatto non solo limitato alle slot car, ma molto più ampio............ Probabilmente erano cambiati i gusti del pubblico (in peggio)...Ferruccio

berto75 ha scritto:Concordo pienamente..le riproduzioni di modellini reali sono tutta un 'altra cosa!! berto75

Innanzitutto grazie per l'attenzione :-P Ma riguardo alla "decadenza" dell'automodellismo, questo è argomento ben più complesso per essere trattato in questa sede, anche perchè legato a "culture" di importazione, lontane dal gusto italico di bellezza ed a ragioni speculative che spesso non sono legate ai "gusti del pubblico" bensì "imposte" dal mercato.
Comunque ricordo che lo slot di quegli anni aveva ben poco a che vedere col modellismo statico. La forma estetica era sottomessa alle prestazioni agonistiche del mezzo ma non deve esserci meraviglia in questo. Il grande Enzo Ferrari (a chi criticave le forme tozze e sgraziate della Ferrari T4 di F1) diceva che una macchina da corsa è bella quando vince.
E per capire che in realtà (almeno in quell'epoca) i gusti del pubblico non erano cambiati, ci pensò il settimanale Autosprint con il referendum a cui avevo accennato.
064#-Referendum Auto o Mostri (2-6-66).jpg
Ritaglio di un articolo presentato sul settimanale Autosprint n.22 (02 giugno 1966)

Ora non vi sto a tediare con le numerosissime (e peraltro interessanti) risposte pro o contro i "mostri" ma il dato certo è che nel n.26 (30 giugno 1966) della rivista, si concluse il referendum con un secco NO ai mosti. Ben l'88,67% dei votanti aveva preferito i modelli di auto.
Ma nonostante la preferenza schiacciante, espressa a favore dei modelli, i mostri continuarono ad essere presentati dalla rivista e continuarono ad essere portati in pista nelle gare ufficiali (e non).
065# GARA 19giugno1966 MRMC a Roma.jpg
Schieramento di partenza della finale della gara prototipi 1:24 al MRMC di piazza Pio XI a Roma (19/06/1966)
Almeno tre "mostri" presenti 2 Banshee BZ (2° e 4° da sinistra) e una Manta Ray, Classic (la 3° da sinistra)

Almeno tre "mostri" quattro modelli di sport-prototipo e una strana auto di formula (tutti con carrozzerie in acetato!)
Per la cronaca i mostri persero, vinse una Lotus 30 su telaio AMT (lo stesso telaio della mia Hussein! quindi avevo scelto bene la mia prima slot 1:24).
C'è pero da rimarcare il fatto che, mostri a parte, anche i cosiddetti "modelli" montavano carrozzerie in acetato, semplificate e alquanto schematiche in sostituzione delle precise e dettagliate ma pesanti carrozzerie originali.
Altri esempi di mostri in voga in quell'epoca:
067# Classic Stinger.jpg
la "Stinger" della Classic

066# GAR VIC Firebird GTX 1000.jpg
la "Firebird GTX 1000" della GAR VIC

Saluti da Oliviero
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