Proseguiamo con la carrellata delle slot car 1:24, in circolazione nei center italiani, nella prima metà del 1966 e ancora propulse dal solito Mabuchi 36 D (o D 36), montato indifferentemente con trasmissione "in linea" o "sidewinder".
La
Monogram, ditta americana conosciuta per i suoi modellini in raffinati kit di plastica, statici, era molto attiva nella produzione di slot car 1:24 e 1:32. I modelli in scala maggiore erano ovviamente mossi dal classico 36 D, con la cassa verniciata in rosso. Le carrozzerie, in plastica rigida (polistyrene) erano modellisticamente molto curate. I telai principalmente composti di lamierino di ottone tranciato, piegato ed avvitato(*) erano prodotti in differenti versioni con pik-up fisso o basculante.
(*)Nota- le numerose viti potevano essere un problema: in corsa, le vibrazioni del modello le allentava creando problemi di tenuta e perdita delle stesse.
- La Chaparral della Monogram, vista dal basso, mostra il telaio in lamierino (misto) di ottone stampato e piegato col retroteno in alluminio. Regolabile in lunghezza era però predisposto solo per le carrozzerie della casa. Il pik-up di questo modello è montato su braccetto mobile di filo di acciaio ma vi erano anche telai col braccetto fisso.
- Telaio Monogram comune a vari modelli (Ferrari 275, Chaparral, Scarab, Porsche 904, ecc)
Aurora - ancora una ditta di kit statici in plastica, di modelli di navi, aerei e ovviamente auto: produceva slot col marchio
K&B. Nella sua produzione iniziale impiegava motori di vario tipo (anche di produzione propria) per poi adeguarsi ai motori Mabuchi.
- "Sportman Racer" 1:24 della Aurora/K&B. Un modello volutamente stravagante ma abbastanza apprezzato in America era però poco comune in Italia. Questo esemplare è di un mio amico che lo acquistò negli USA (circa nel 1965)
- Telaio della Sportman Racer K&B: in lamierino di alluminio stampato e piegato - Motore 36 D con trasmissione sidewinder - Pik-up montato su braccetto mobile, incernierato al retrotreno
- Sportman Racer visto dal basso. la carrozzeria è in acetato e le gomme posteriori sono in spugna
Revell: ditta già famosa in Italia per le scatole di montaggio di aerei, auto e modelli navali, aveva anche in produzione edifici ferroviari e una (limitata) di rotabili ferroviari in scala H0. Dopo aver impiegato sulle prime slot, i motori Pittman, passò ai Mabuchi (Come abbiamo già accennato in precedenza).
- Una splendida Lola T70: slot 1:24 della Revell con carrozzeria in acetato
- Telaio della Lola T70- Dopo svariati tentativi di telai "in linea", Revel concepì questo strano telaio asimmetrico con trasmissione sidewinder che si dimostrò abbastanza competitivo (ma che fu comunque, dopo pochi mesi, superato)
Tutti i modelli 1:24 che fin qui ho mostrato, erano importati dall'America ma il boom delle micropiste nostrane, indusse produttori italiani a realizzare modelli in questa scala, ad imitazione di quelli americani.
In seguito vedremo la
Policar che già realizzava piste casalinghe in scala 1:32 e che proporrà un sistema di piste e alcuni modelli nella scala più grande, ma per la scala 1:24, forse la prima fu la nota
Treni Favero che col marchio
Agfa-Unicar propose il modellino della Ferrari P2. Mosso sempre dal motore Mabuchi 36D, giunse tardi (settembre 1966) quando ormai i modelli competitivi della concorrenza utilizzavano altri motori, più leggeri, economici e performanti.
- La confezione della Ferrari P2, in scala 1:24 della Unicar (AGFA-Treni Favero)
- Ferrari 330 P2 - Unicar
Carrozzeria in polistirolo colorato in pasta
- Telaio regolabile in lamierino di alluminio anodizzato (ispirato al telaio AMT in ottone) dotato di pik-up montato su braccetto mobile in tondini di acciaio - Motore 36D in linea - Gomme posteriori in silicone
Le prestazioni di questo modello sarebbero state buone se il modello fosse stato prodotto almeno sei mesi prima ma a settembre del 1966 era ormai superato dai nuovi modelli americani (Carrera Russkit, Cucaracha COX, ecc...).
La
Unicar corse ai ripari producendo, uno dopo l'altro, nuovi modelli di telai sempre più leggeri e performanti (almeno tre o quattro diverse tipologie impiegando diversi materiali: alluminio, nyon, plastica nera ) e utilizzando i nuovi motori Mabuchi D26. Purtroppo l'eccessivo sforzo produttivo e il rapido esaurimento del boom dello slot italiano, porteranno inesorabilmente al fallimento della ditta italiana (circa intorno al 1970) .
Saluti da Oliviero